Ad un certo punto dell’iscrizione a questo blog ha trovato una finestrella, un campo, come si dice nel gergo, che andava riempito con i miei libri preferiti. Ce n’era un altro con i film preferiti, ma mi vergognavo troppo di citare i più grandi di tutti i tempi: Van Damme, Schwarzenegger e Maciste contro il Vampiro nella Valle dei Tubercoli Cannibali.
Quanto ai libri tuttavia avrei qualcosa da dire, sia pure, considerando la vastità dell'argomento, a puntate.
Se si prende la letteratura così a caso, va bene tutto. Essendo un’espressione vastissima del pensiero umano è logico aspettarsi che ne rifletta gran parte dei pregi e, ahimè, dei difetti. Quindi la ricerca del tesoro è probabilmente più fruttuosa se ci si tuffa fra le opere di quelli bravi piuttosto che fra quelle di quelli ciapuzzi*. La bravura di un autore o autrice non è però materia ben definita, tantomeno oggettiva: sta a noi creare una playlist, o meglio booklist, delle nostre preferenze.
Vivendo in semisolitudine sulle colline oggi biancheggianti ed allora verdeggianti ed essendo un lettore abbastanza veloce mi sono procurato le opere complete di Dickens, che molti conoscono per essere l’autore di Oliver Twist, David Copperfield, The Pickwick Papers. Ma Dickens era uno scrittore di immenso talento, solo in parte handicappato dalle continue pressioni del suo editore che esigeva capitoli settimanali (e sottopagati) da pubblicare per soddisfare la crescente richiesta del pubblico. Era stata inventata così la tecnica della pubblicazione periodica, che crea una dipendenza nel pubblico ed uno stress micidiale per l’artista. Charles Dickens, padre di una decina di figli famelici in tempi durissimi – siamo nell’Inghilterra del 1800, quando nell’onnipresente atmosfera polverosa di carbone cominciava a prender vita la rivoluzione industriale- sfornava i suoi capitoli con la precisione di un orologio, spinto dal talento e dal bisogno: lui stesso si rammarica del fatto che, se avesse avuto “almeno il tempo di rileggere quello che aveva scritto”, avrebbe potuto migliorare molto le proprie opere. Ebbene, Dickens ha scritto più o meno quattordici libri maggiori, vale a dire: capolavori. Qualche esempio: Barnaby Rudge, Dombey and Son, Our Mutual Friend…
Cito Dickens in particolare perché, oltre ad essere uno dei più prolifici e rappresentativi autori dell’ottocento, in grado di dipingere immensi arazzi che magistralmente descrivono le realtà inglesi dell’epoca e sostenerli con personaggi perfettamente delineati, è anche l’inventore di “generi”. Per esempio è lui che per primo si è addentrato nel “giallo”, dove non si sa chi sia il colpevole, e nello “psicologico”. Mi permetto di rammentare che Dostojevsky ha ben imparato da Dickens.
Naturalmente si parla di romanzi ottocenteschi, lunghi ed a volte farraginosi (Dickens a dire il vero molto meno di altri): Ma siccome la letteratura procede a passettini e l’oggi è figlio dell’ieri, non è saggio trascurare le fonti. Inoltre, è essenziale educarci ad un corretto uso della sintassi (si suppone che la grammatica sia già acquisita) e ad un costante arricchimento del vocabolario: ed in questo gli ottocenteschi sono preziosi, anche se un po’ sovrabbondanti.
Meglio di tutto è leggersi i grandi autori nella loro lingua originale, ma ove ciò fosse impossibile o cisì impegnativo da indurci a posare e dimenticare il libro, anche una buona traduzione è sufficiente.
Mi accorgo d’essermi un po’ allargato su Dickens e quindi di altri autori scriverò in seguito. Diciamo che la prima pietra angolare è stata posata.
sì sì capisco bene, il tuo elogio a Charles "Boz" Dickens, ma oggi, venerdì 10 febbraio 2012(tra un po' ci siamo!), mentre, amico Scudo, ti scrivo e fuori si scatena un blizzard di neve e vento, non posso che andare col pensiero nello Yukon dove nacque, visse e combatté Zanna Bianca!
RispondiEliminaqui serve una pausa.
perché, quando ci penso penso di essere stato fortunato.
molto fortunato ad avere due zii/e come Fiorantonio(detto Foffo) e Rina(la mamma del famoso cugino Piero, il Von Braun d'antan).
insomma furono loro il braccio e la mente del mio imprinting adolescenziale.
zia Rina mi regalava libri fantastici(la trilogia imbattibile: London, Twain, Verne) e zio Foffo me li faceva vivere. ma vivere davvero!
per cominciare zio Foffo era partito a sedici anni volontario in Russia(ed era tornato vivo e vegeto!). ora dimorava in una splendida tenuta sui colli vicentini, tra boschi e valli d'or, in compagnia di Buck(Il richiamo della foresta!), Nerone(mastino napoletano), Alex(alano danese) e vari appaloosa, pavoni cigni capre e...incredibile dictu, una coppia di struzzi!
in garage moto e macchine mitiche(una su tutte, la Mercedes SS!)con la quale d'estate mi portava a Rimini per insegnarmi i tuffi dalla diga del porto...brr brividi sulla schiena!
aveva due figlie, certo, ma io ero il suo nipotino maschio!(l'altro nipote Piero, appunto, disdegnava le nostre zingarate e si dedicava proficuamente ai suoi meccani, treni, razzi).
ed è così che da quel dì, viaggi, avventure, scoperte e gli autori che ne scrivevano, sono diventati i miei miti letterari.
infatti, dici bene Scudo: sta a noi creare una booklist preferita. (anche nei legami di parentela, aggiungo io. come non potevo amare di più, zia Rina e zio Foffo, alla cara mammina(oggi 99°enne!) che mi propinava letture tagliavene tipo "Senza famiglia" di Malot...)
p.s.
spero vivamente non vada via la corrente...
(altro che Yukon!)