domenica 2 dicembre 2012

Tablet and Goblet


Un annetto fa mi hanno regalato una delle meraviglie del creato: un kindle, cioè un tablet=tavoletta, proprio come quelle che i piccoli romani ai tempi di Marco Caco si portavano a scuola, complete di stilo per incidere la cera per prendere appunti mentre Cicerone spiegava quanto fosse becero Catilina. L’unica differenza è che la cera è scomparsa per lasciar posto ad un touch-screen, e che dietro questo touch-screen si celano quantità impressionanti di pagine, virtuali fin che si vuole ma ben leggibili, ed a volte persino comprensibili.  L’aggeggio può contenere più di mille libri, e confesso che per quanto io appartenga ad una generazione che sta ben al di qua dello spartiacque digitale –e dunque giustificata nella timidezza dell’uso dei molteplici gadgets in circolazione- sono stato sedotto, convinto ed infine conquistato dal magico marchingegno.
         Io amo leggere le versioni originali delle opere che nascono in inglese, e spesso mi sono rammaricato di non trovare i testi originali nelle varie librerie: ma se già con la nascita di Amazon.com il problema venne in parte risolto perché potevo ordinare i libri oltreoceano, con l’avvento di kindle (o qualsiasi suo parente, immagino) è ormai possibile ottenere quasi qualsiasi testo in meno di un minuto. Non solo: moltissimi libri, soprattutto i classici, sono gratuiti, e quanto agli altri, costano la metà delle loro versioni cartacee. Ieri per esempio mi sono scaricato praticamente tutto Conan Doyle (quello di Sherlock Holmes), di cui ignoravo le numerose opere non sherlockiane; e lo stesso ho fatto con Kipling, di cui ho scaricato almeno venti lavori a me ignoti. Il tutto gratuitamente, e trasmesso in pochi secondi lungo le imperscrutabili vie del web. E’ una vera manna per chi, come me, quando si innamora di un autore o autrice tende a comperarne tutti i libri, ben sapendo che la ricerca cartacea è difficoltosa e transita inevitabilmente attraverso le forche caudine delle limitazioni editoriali, dell’ignoranza dei commessi, delle traduzioni approssimative.
         Certo, una delle obiezioni più frequenti suona più o meno così: “Ah, ma vuoi mettere il piacere di tenere in mano un bel libro, dello sfogliare le pagine…” Tutto vero. E’ pure vero che i libri son belli da vedere, quando stanno sugli scaffali a proteggere la cultura casalinga. Ma se uno è abituato a leggere in ogni circostanza possibile, ecco che il kindle è utilissimo: te lo porti dappertutto, lo puoi tenere in tasca, se non ci vedi tanto bene da vicino puoi ingrandire i caratteri fin che ti pare, se non conosci una parola ecco che con un semplice tocco la puoi evidenziare e subito appare il dizionario incorporato che te la spiega (il dizionario è leggermente parziale ed un po’ ignorante sul versante etimologico) e se vuoi te la sottolinea e puoi persino fare una piegolina virtuale sull’angolo della pagina per poi ritrovarla. E ci stanno moltissimi libri, una biblioteca intera!
         Quando fuori casa la nebbia infittisce ed il freddo umido induce ad approfittare del fuocherello e della poltrona, non si tira più fuori un librone ed un bicchiere di vino: adesso si tira fuori il tablet ed il goblet.

sabato 1 dicembre 2012

Meglio la branda


         Sarei dovuto andare alla fiera di Arezzo, ma un’occhiata fuor di finestra mi ha convinto che il tepore della branda era da preferirsi all’umido freddo della pubblica via. Quando prendo una decisione che contempla il fatto di mettere il lavoro in secondo piano, mi sento un verme: sono però un verme piuttosto soddisfatto: mi alzo, indosso qualche indumento casuale, nutro i gatti che hanno imparato l’uso della nuova gattaiola e che se non tempestivamente accuditi farebbero un sacco di rumore ben sapendo che così mi obbligano ad intervenire. Poi esco ed apro i polli –che devono stare nel recinto per salvarsi la ghirba eternamente presa di mira dalla volpe e quindi vanno provvisti di verdure ed erbette per questioni vitaminiche- ed infine accendo la stufona a legna che riscalda tutta casa. Mentre faccio tutte queste belle cose cerco di conservare intatto il piacevole pensiero che fra poco me ne tornerò a letto, ma via via che la prassi mattutina viene, come dire, espletata, ecco che codesto amabile pensiero tende a rarefarsi, a perdere fascino. Il motivo? Be’, mi sto svegliando. Non riesco a mantenere quella sonnolenta concentrazione che farebbe di me un vero collaudatore di materassi, pronto a riassopirsi in qualsiasi momento. Inoltre c’è l’aroma del caffè che va permeando l’atmosfera, ed a quello non si resiste. Perciò eccomi qui a scrivere mentre i miei colleghi antiquari aprono ombrelloni, sistemano banchi ed espongono graziosi oggetti per un pubblico che, date le previsioni del tempo, sarà più locale che turistico e quindi meno comprereccio del solito. Insomma, un verme combattuto ma tutto sommato contento: la forza inerziale che mi spingerebbe a ripercorrere i sentieri battuti per anni ed anni va equilibrata con un po’ della saggezza che cerca di affiorare per indicarmi nuovi atteggiamenti, azioni che tengano conto della realtà delle cose. Non sono più disinvolto come un tempo nell’aprire l’enorme ombrellone, o nello scaricare le casse di ferri antichi, né mi sento più tanto eroico nell’affrontare l’inclemenza del tempo, l’acqua che scorre sotto i piedi, il vento che obbliga ad appendersi all’ombrellone per impedirne il decollo, né tantomeno la levataccia delle cinque di mattina. La cosa che forse mi dispiace di più è che per questa volta abbandono il mio vicino di banco, con cui in genere fecciamo grandi chiacchierate relative ai massimi sistemi. Va be’, gli farò una telefonata di conforto.