Penelope
Una ragnetta di non piccole dimensioni tesse la sua tela
tutte le notti proprio davanti a casa, in uno spazio da cui non posso più
transitare se non distruggendo il suo capolavoro, e che dunque aggiro per
rispetto del suo lavoro e della sua arte.
Devo dire che Penelope compie un lavoro molto notevole, da ingegnera
creativa e patentata. Per prima cosa deve tendere gli assi portanti della
struttura, quelli verticali a cui si aggrapperanno i numerosi raggi della ragnatela,
e per farlo deve avere una cognizione assai precisa degli elementi che –immensi
e lontanissimi dal suo punto di vista- costituiscono l’ambiente: rametti, steli
di erbe, il bambù arcuato a sostegno del glicine. La ragnetta fissa per primo un bel filo in
alto e laterale, a circa due metri d’altezza, sul glicine; poi si lascia cadere
a terra per andare svelta svelta, tirandosi dietro il filo, ad arrampicarsi sul
pino mugo che sta nell’aiuola, tre metri più in là. Giunta ad una considerevole
altezza fissa il filo e comincia ad utilizzarlo come ponte rinforzandolo con
altri fili, perché è molto lungo ed è quello che sosterrà il peso di tutta la
struttura finale. Poi si lascia cadere dal pino mugo fino alla punta di una generosa
cicorietta che offre un appiglio flessibile ma solido: anche il rametto del
pino è mobile e flessibile e così pure il ramino di glicine sul bambù. Compie una
triangolazione obliqua fra le due prime linee d’argento descrivendo cateti ed
ipotenusa di una figura di un buon metro per lato ed in tal modo definendo un’area
nello spazio finora vuoto. Non sono riuscito a vedere come faccia a tirare i numerosi
raggi, ne’ da dove si tolga quella specie di lanugine che deposita al centro
della costruzione, ma l’ho osservata nel tedioso lavoro della tessitura vera a
propria, ed in questa fase manifesta un’abilità artigianale davvero magistrale:
emette dall’addome il filo di cui aiuta l’uscita con una gambetta posterore; lo
tira e lo passa alla prossima gambetta che lo aggancia incollandolo al
precedente con una manovra per decifrare la quale occorre un sacco di pazienza,
perché non è affatto semplice ed è veloce. Penelope procede così per un’oretta,
riposandosi ogni tanto, e quando è soddisfatta dell’opera sua si piazza al
centro del capolavoro, dove ha lasciato una riserva di lanugine che adesso si
rimangia lasciando un buco in cui si colloca. Il buco le permette di passare da
una parte all’altra della rete bidimensionale, dettaglio essenziale perché le
prede possono arrivare sia di qua che di là.
Al mattino la ragnatela scompare. Di sera Penelope si
rimette all’opera.