Happy Brunette si stava inoltrando a piedi nelle valli innevate
dello Jammu quando vide che dall’altra parte del sentierino gli veniva incontro
un europeo, improbabile come un giaguaro sull’Himalaya. Happy era come al
solito vestito secondo la moda locale, bragonzi marroni larghissimi, camiciona
marrone lunghissima, e quella specie di cappello di lana che sembra la sintesi
di un turbante. Era in caccia di piatti
di terracotta indigeni, che sono molto simili ai piatti che si facevano in
Italia nel Cinquecento. Un piatto italiano di quell’epoca costa moltissimo, e
Happy, che è un onest’uomo, pur non spacciando per autentici i suoi (cosa che
avrebbe potuto benissimo fare) riusciva a venderli con un lauto guadagno. Il
suo sistema era di avvolgere tutti i piatti in tappeti antichi di varia natura,
soprattutto kilim, per proteggerli, e poi riempire con questi pacchi dei
robustissimi armadi locali di legno intarsiato. Il container così organizzato e
spedito via nave valeva all’arrivo cento volte il suo valore di partenza. Durante il loro breve incontro sui sentieri
sotto il Tetto del Mondo, Happy scoprì che lo svizzero barbuto si stava
portando dietro pezzi di radice di antichissimi albicocchi da lui scoperti non
so in quale angolo sperduto del Kashmir, ad altitudini impossibili. Scambio di
indirizzi.
Passò del tempo e cinque anni dopo lo svizzero informò Happy Brunette del fatto che era ritornato in
quelle valli, da quegli stessi albicocchi, ed aveva prelevato le marze, cioè i
rametti, per innestare gli alberelli che nel frattempo crescevano rigogliosi
dalle vecchie radici, in Svizzera. Era insomma riuscito a portare in Europa una
antichissima varietà di albicocco del Kashmir, ed aveva una storia magica da
raccontare ai nipoti. Happy, nel frattempo, aveva scoperto nel Waziristan una
fonte di bottigline, o meglio ampolle di vetro che avevano ben più di mille
anni (è difficilissimo datare il vetro) e costavano un patrimonio già sul
posto, quando erano intere, cioè praticamente mai. Ma lui comperava quelle
rotte, che non valevano nulla, purchè avessero la parte bassa intatta: ne
trovava parecchie, perché moltissime si erano spezzate all'altezza del sottile collo, ed una volta rotte non le voleva più nessuno. Nessuno, tranne Happy Brunette che le comperava per pochi centesimi e poi faceva innestare un piccolo collo di filigrana d’oro, che rendeva la
frattura irrilevante ed invisibile e trasformava un pezzetto di spazzatura in un oggetto delizioso. Ne ha vendute a centinaia prima di abbandonare l'impresa, che implicava ricerche e trattative in un Afghanistan sempre più percorso dagli eserciti stranieri.