S’io fossi una gallina, come forse già fui
Dalle di Scudo mani, e non da quelle altrui
Mi farei carezzare, nutrire e vezzeggiare
Ed un giorno glorioso, il collo pur tirare.
Ecco in sintesi estrema esplicitato il rapporto uomo-pollo: gli vuoi bene, lo tieni al caldo, ammiri le sue penne, ti intenerisci quando rotola fuori dall’uovo ed in cinque minuti da informe viscida micropresenza si trasforma in una pallina giallo brillante e saltellante, pieno di vita….Cerchi di educarlo/a, di dargli una spinta nella vita, di preparargli una carriera adeguata ai suoi meriti: ovaiola, cantante, indossatrice di piume, covatrice. Poi un bel giorno, anzi una tarda sera, entri nel pollaio, metti con cautela una mano sotto il pollo designato (la cui posizione sul palo cagado hai memorizzato in precedenti esplorazioni) fino a trovarne le ginocchia: lo sollevi lasciandolo nella sua posizione accoccolata –il pollo, se sei bravo e tranquillo, continua a dormire.- e ti allontani dal pollaio, per evitare qualsiasi scandalo. Nel grande mondo delle energie, tutto conta. Tutto lascia un piccolo segno nel campo di coscienza che tutti ci comprende. Perciò è opportuno che ogni gesto, ed in particolare un gesto avvolto d’emozione, sia fatto in piena consapevolezza e possibilmente con dolcezza.
Cambiando argomento, in effetti ci sono delle raffiche di vento siberiano che spazzano l’aia innevata, e corre voce che debba ancora peggiorare. Ieri però siamo riusciti a scendere e persino a ritornare a casa dopo aver messo e tolto le catene tre o quattro volte nonostante le gomme termiche: la nostra dispensa è in genere ben fornita, ma adesso lo è più che mai perché è assai piacevole, essendo sepolti, non doversi preoccupare anche di poter rimanere privi di aragoste e vermentino di Berchidda. Vedo fiocchi veleggiare fuori dalla finestra, faccio finta di niente. Non dureranno.
Fa un po’ ridere sentire che a Roma son caduti venti, dico venti centimetri di neve e tutto si è fermato per tre giorni, dai tribunali agli uffici comunali… Ma noi tutta questa massa di coraggiosi la paghiamo, per caso? Per un po’ non si è parlato d’altro perché i tremendi disagi ed i mortali pericoli corsi dai poveri romani tormentati da venti, dico venti cetimetri di neve, hanno polarizzato l’attenzione dei media. Intanto la gente sta crepando di freddo in mezza Italia: ma gli amministratori si guardano bene dall’impugnare le pale a dal darsi da fare ad aiutare quelli che li mantengono. Infine, ma spero che sia una falsa notizia, sembra che da qualche parte l’esercito (da noi tutti mantenuto in calde caserme, pronto a difendere il paese dai numerosi attacchi dei barbari sempre in mutande di pelliccia e sempre pronti all’invasione) sia andato ad aiutare e si sia pure fatto pagare. Vi prego, ditemi che non si son fatti pagare!
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A gentile richiesta, ecco una Nota Tecnica sull’alimentazione dei piccoli pennuti cascati fuori dal nido.
Quando dei minuscoli diamantini (credo) ci cascavano in cucina passando attraverso i cunicoli del muro in cui avevano il nido, li nutrivamo con un delicato e delizioso impasto di mosche tritate, un po’ di rosso d’uovo, ed un pizzico di altri insetti di cui andavamo in caccia. Non gli garbavano i vermetti, troppo facili da acchiappare. Però è difficilissimo farli campare, gli uccellini neonati. Ci è riuscito davvero bene solo con Blink, che però era un divoratore di cevapcici e simili, ed inoltre era un falco.
lo sapevo lo sapevo lo sapevo...
RispondiEliminache, nell'incantato rifugio montanino dove, nella notte gelida una finestrella è accesa e sale quieto il fumo dal camino, lo Scudo mi diventava poeta!
e lo sapevo che non la fierezza ma la pietas muoveva la mano consapevole dell'olistico ominide carsolino...
e dopo queste atmosfere magiche da bosco degli urogalli, non vorrai mica trascinarmi in polemiche romanocentriche del tipo -aoo, quarcuno ha da pagà pe' i ggeloni che me so' preso-
e no!
piuttosto, quell'accenno al vermentino ed aragoste, caro Scudo, mi porta lontano nel tempo e nello spazio...
anno '77 Porto Pozzo.
nulla c'era allora alla fine di quel fiordo protetto. all'ancora solo l'Atragon(che tu ben ricordi!) e sull'arenile una casa di pastori.
alla voce chiesi se avessi potuto mangiare qualcosa. prego, scendete!
il pastore era pastore sì ma pure paraculo ante litteram!
oltre all'ottimo formaggio che subito mi offrì innaffiandolo col famoso vermentino, teneva in serbo, zampettante in vasca, una gigantesca aragosta che preparò immantinente.
ubriaco, passai il pomeriggio seduto sotto il fico, raccontando la mia vita al pastore che ammiccava partecipe e felice, in cuor suo, per quella suonata che mi avrebbe dato da lì a poco, presentandomi il conto!
ma allora, nulla e nessun conto poteva incrinare la mia felicità.
la felicità di essere arrivato libero e solo, in quel luogo magico e sperduto con l'amata barchetta che ora beccheggiava dolcemente all'ancora.
scusa, se mi son fatto prendere...
ma anche tu, cazzo, vai a parlarmi di aragoste e vermentino...