Al rinnovato
ricordo dell’antico dolore gli occhi di Swan sembrano inumidirsi, perché così
siamo fatti, ed a volte possiamo rintracciare l’emozione legata ad un evento da
tempo scomparso, per riviverla e rinnovarla. E la perdita di tante persone di
Medicina che con la loro morte permisero il transito della conoscenza
attraverso ed oltre le tribù ostili fino a trovare territori amichevoli, viene
ricordata ad ogni Danza del Sole. Certamente, ad ogni Danza cui ho partecipato
io.
E’ strano osservare quell’accenno di commozione
increspare lievemente gli esotici tratti del bel viso di Swan: di solito la sua
algida bellezza incastona uno sguardo più tagliente che carezzevole, e
l’emozione che traspare più evidente è una gelida rabbia che lei usa per rinforzare
le confrontazioni di cui è maestra. In effetti, nella nebbia della mia stanchezza
profonda aleggia il dubbio che quella manifestazione di pietà antica sia
elicitata ad arte, dubbio subito messo a tacere dall’ortodosso pensiero: ”Sono
qui per imparare, non per criticare. Sono un Danzatore, non un esegeta”.
Swan allontana
i capelli che una leggera brezza ha scomposto, e continua:
“Le quattro
Frecce della Legge venivano portate nel cerchio, e spezzate. Questo gesto
simboleggiava la necessità che ogni legge della tribù fosse periodicamente
ridiscussa ed eventualmente rinnovata. Nessuna legge poteva rimanere valida
oltre il periodo stabilito di quattro anni senza essere riesaminata. Le
circostanze cambiano, le persone mutano idee ed interessi, le leggi col tempo
cessano di rappresentare le vere necessità della tribù e diventano ostacoli ad
un equilibrato governo. Nulla nella grande Danza della Vita rimane inalterato,
figuriamoci le leggi umane.”
L’argomento è
affascinante, e Swan ha una presenza carismatica di grande potere, sotto le
grandi madronas che abbracciano la radura ed a loro volta ascoltano rapite.
Swan ha il buon gusto di non attingere dalla bottiglia d’acqua che tiene appesa
al fianco, in una fondina da revolver. Ciò non ostante il mio sguardo ogni
tanto vi si fissa, sulla bottiglia, distraendomi dal sacro discorso, ed io avverto
crampi di desiderio provenire dalle mie cellule che da due giorni non ricevono
acqua. Guardo la cima dei cottonwoods e delle madronas che si stagliano contro
un cielo di zaffiro intenso e privo di nuvole, cerco di connettermi con gli
alberi per sentirne l’effusione umida, per assorbirne l’aura tremante.
“Dancers!” Swan ci richiama spesso perché sa che la
concentrazione tende a svanire quando si è molto stanchi, e sa anche che quando
si è alterati come succede nelle cerimonie viene naturale ‘entrare nel sogno’,
cioè in quello stato di veglia sovrattempo che a volte è foriera di piccole e
grandi illuminazioni, ma altre volte offre spazio per distrazioni fantastiche
che al momento sarebbero inutili.
Siamo seduti sui nostri tappetini e
tentiamo di esercitare la seconda attenzione, quella che permette di essere
presenti all’insegnamento pur riposando profondamente.