lunedì 30 gennaio 2012

Caprioli

Appena tornati da una gita all’Elba, Marina ed io ci siamo precipitati a vedere come stava l’orto che, pur venendo annaffiato in automatico da vari sistemi e subsistemi, è pur sempre una parte delicata e assai sensibile della famiglia, ed è perciò saggio controllare che tutto vada bene. All’improvviso sentiamo un rumore in una delle macchie di querce che circondano il campo. Immobilizzati sul posto ci scambiamo uno sguardo sorpreso: è un rumore strano, diverso dai soliti fruscìi fagianeschi e dal classico bullottesco incedere del cinghiale, somiglia di più al morbido strusciare che farebbe un grosso gatto che avanzi nel sottobosco, o forse ad un boa constrictor che s’aggira nella giungla. Ma i boa da queste parti scarseggiano ed i gatti non superano le misure standard, perciò: chi è?  Procediamo a passettini, passiamo sotto l’arco di rose selvatiche e vitalbe che dà accesso all’orto ed ecco uscire dal folto un animale bellissimo, fulvo, elegante: un capriolo maschio dai muscoli guizzanti sotto la pelle lucida e pulita che da bravo fa il giro della recinzione per poi infilarsi di nuovo nel boschetto sopra la fonte. Il capriolo, nel suo esser parente della capra, ne condivide pure gusti e tendenze, e pur sembrando più gentile ed aggraziato temo sia un buongustaio, soprattutto per quel che riguarda foglie di vite, rami d’ulivo, fiori ed orticelli. Se si limitasse a brucare la gramigna ed il convolvolo avrebbe tutta la mia solidarietà, anzi, gli darei anche un medaglia: ma quelle labbruzze sensibuli e tremule troppo bene s’adattano alle foglioline di lattuga e rucola, di ravanello e fagiolino. Il capriolo ha un’altra caratteristica, quella di saper saltare. Così direi che siamo completi: i fagiani volano ovunque, i cinghiali non volano ma scavano ed adesso i caprioli che saltano. Direte voi: ma il fucile non ce l’hai? Sì, ce l’ho, ma a parte il fagiano –che ogni tanto trova la via della pentola- questi altri sono troppo belli, troppo formidabili nel loro improvviso apparire, e troppo magici per essere abbattuti. Perciò dovrò attivare le vie diplomatiche, trovare il modo di far loro sapere che non intendo ucciderli, ma che loro faranno bene a rispettare le recinzioni. Se poi si comporteranno bene, potranno anche considerare questo luogo come un sorta di rifugio (da queste parti tutti sembrano sparare a tutto, cartelli stradali compresi). Domani cercherò uno di quei rotoli compatti di sale di cui vanno ghiotti sia i cinghiali che i caprioli e lo appenderò a qualche quercia, per sigillare il patto.
Nel frattempo farò bene a chiudere i cancelli della vigna, che finora ho tenuto disinvoltamente aperti.

sabato 28 gennaio 2012

Blink, la falchetta

Avevamo sempre pensato che un uccello rapace fosse aggressivo e severo, e che quello sguardo impassibile significasse una distanza immensa. Ma Blink ci ha fatto cambiare idea. Nina la trovò perterra, incapace di prendere il volo perché appena caduta dal nido. La raccolse e la portò a casa. Un pochino di carne tritata mescolata con dell’uovo, qualche briciolina di pane…chi sapeva nulla della dieta di un falchetto? Che fosse femmina non eravamo proprio sicuri, ma così ci sembrava.
Dopo una decina di giorni trascorsi in gabbia, da cui allungava la testina per mangiare dalle mani di Marina, le costruimmo una voliera piuttosto grande  con stanza annessa dove poteva sentirsi protetta. Svariati pali e stecchi le permettevano di saltellare qua e là, e di fare piccoli svolazzi che noi osservavamo inteneriti ed orgogliosi. Appena vedeva Marina con la polpetta le volava sulla mano, e dopo aver mangiato avviava una conversazione a base di strizzate d’occhio (donde il nome) e giramenti di testa. Se piegavi la testa di lato, Blink subito ti rispecchiava, e viceversa. Non si potevano trattare argomenti molto approfonditi, ma era sufficiente a volersi bene. Dopo un po’ di tempo, trepidanti, decidemmo che Blink –che nel frattempo avevamo scoperto essere una gheppia ed era diventata bella grande- era pronta a prendere il volo. Sulla mano di Marina, fuori dalla voliera, fu lanciata in alto sopra la vigna:  volerà? Cadrà come una pera? La ritroveremo?  Blink partì come un razzo verso il cielo infinito.
Poi tornò verso di noi, e fece numerose evoluzioni proprio lì davanti, sopra la vigna, per farci vedere com’era brava. Complimenti entusiastici da parte nostra. Altri arabeschi nell’aria e poi la sua specialità, quella che distingue il volo del gheppio dagli altri falchi: lo spirito santo, cioè il rimanere immobile in mezzo al nulla. Blink rimase libera intorno a casa, allargando il suo territorio di esplorazione e tenendosi quasi sempre in vista. Avevamo stabilito un appuntamento sopra una terrazza, due volte al giorno per darle da mangiare. Arrivava come una freccia dall’albero secco che aveva scelto come suo appoggio prediletto, a circa duecento metri da casa,  atterrava e saltellava fino da Marina, dalla cui mano si nutriva. Mai una beccata, mai un graffio. Per circa un mese continuammo ad averla come compagna volante, a volte in quella impossibile posizione immobile, anche per parecchio tempo. Un giorno Marina andò per darle la polpetta come al solito, Blink arrivò tutta trafelata e le volò vicinissima senza fermarsi a mangiare, girò, ritornò, fece tutti i suoi numeri. Poi sfrecciò in alto, lontano, sempre più lontano, e non la vedemmo più. Così salutano i falchi.

mercoledì 25 gennaio 2012

Francesco mi avverte che l'indirizzo email va corretto. Ecco qua: scudo22@tiscali.it  - Grazie Francesco.

mercoledì 18 gennaio 2012

Cronache della Montanina. I Babylon Gardens

I Babylon Gardens sono in piena attività. Si tratta di una piattaforma in muratura che sostiene sette od otto casse di legno piene di terra, terriccio, composto e letame che ospitano le piantine da orto come ad esempio lattughe, cicoriette, ravanelli ecc. ad un’altezza tale da permettere all’umile contadino di tener pulita e zappettata l’area senza doversi piegare fino a terra. Sembra l’uovo di Colombo –e non reclamo certo la paternità dell’idea- ma funziona a meraviglia. La parte bassa delle casse è in larice, perché regge meglio l’acqua delle annaffiature senza infradiciarsi troppo presto. Tavole di abete nella parte alta (il larice era finito) per una profondità totale di circa 30 centimetri.
La cassa più lunga, due metri e mezzo, contiene le piantine di fragole: non so se avete mai provato a tener pulite le fragole in piena terra. E’ quasi impossibile. Qualcuno infila le piantine nei buchi praticati in un telo nero di plastica che dovrebbe soffocare ogni altra pianta, ma già al secondo anno dai buchi si vedono spuntare le gramigne e loro consorelle, che a quel punto diventano inestirpabili, a meno di distruggere il telo nero. Siccome le fragole stanno sul terreno per qualche anno, ed hanno la caratteristica di riprodursi per stoloni, ovvero quei lunghi getti che emettono e che vanno a radicarsi ovunque, di solito in mezzo alle altre piantine vicine, ecco crearsi in breve tempo un network di fragole praticamente inestricabile. Occorre dunque essere onnipresenti, togliere stoloni, trapiantare le nuove radicate o eliminarle, combattere una pianticella che sembra identica alla fragola ma fragola non è, e va dunque individuata ed eliminata eccetera eccetera. Ma con i Babylon Gardens tutto diventa più semplice: intanto si può tenere una posizione eretta e dignitosa, non quell’umile posizione a culo all’aria tipica del diserbatore rustico e poco evoluto. Poi il nostro occhio di falco con occhiali può vedere molto meglio ogni tentativo di infestanti già al loro primo apparire; e vien facile eliminare le foglie malate, secche o vizzite –che le fragole odiano sentirsi addosso.
Nell’insieme, un esperimento altamente positivo. E poi è a due passi da casa, quindi sarà anche più facile trasportare i quintali di fragole che intendo produrre. Ah, attenzione alla nottua, quella larva di farfalla che con i suoi cinque centimetri di eterna voracità attacca i colletti delle pianticelle e li motosega senza pietà. Essendo le casse un ambiente molto circoscritto è bene, prima di trapiantare lettughe e canaste, rimuovere e lavorare la terra con zappette e sarchielli per cercare appunto larve surretiziamente introdottesi senza permesso e senza biglietto.

domenica 15 gennaio 2012

Immagino che le vicissitudini del pollaio manchino un po’ di appeal, e che le avventure dei pennuti, pur essendo altamente metaforiche, non raggiungano la densità profonda della tragedia sofoclea. Per loro tuttavia gli avvenimenti del loro universo sono importanti, proprio come per noi lo sono quelli dell’universo nostro. Perciò visto che i cambiamenti fanno parte della vita ed anzi la sostengono e la nutrono grazie al potere della trasformazione, mentre il galletto Condor, quello con il collo senza piume grande tartassatore di galline si è magicamente rivelato uno squisito arrosto, Galletto bianco imperversa, ormai unico gallo del pollaio. Ho notato che non vi è democrazia, fra stie e granaglie, e che nessuno ha tempo di piangere gli amici scomparsi. Deve aver a che fare con la memoria animale, la quale appare estremamente selettiva e funzionale. Per nulla appesantita da vane elucubrazioni e complicate sintassi la mente pollesca impara in un istante le cose per lei importanti, come la collocazione di grano e granturco, qual’è la cova più adatta a deporvi le uova, quali sono i rumori che preannunciano l’arrivo degli scarti di cucina –dolci foglie di insalata, bucce di zucca, ambitissime teste di pesce…-. Dev’essere quel cervello rettileo che, anche in esseri più grossi come coccodrilli e serpentoni, consente loro di reagire e muoversi all’istante, senza tanti garbugli creatori d’attriti e confusione. C’è pericolo? Scappo. Cibo? Corro! Mai e poi mai vedrete due galline intente a discutere di partite di calcio o dei misfatti governativi. Anche se doveste piazzarvi davanti al pollaio a recitare odi e canzonieri, anche se sceglieste i poemi più adatti come “T’amo, pio bove” o “La vergine cuccia” non otterreste che pochi attimi d’attenzione, ed evidenti segni di malcelata noia. Il pollo dunque fa molto bene tre cose: canta a voce spiegata rallegrando il mondo; depone uova ottime che a volte persino cova fino a far nascere dei pulcini che sono una meraviglia dell’universo; si trasforma in un arrosto indimenticabile. Mi vien fatto di chiedermi: e l’essere umano, oltre ad approfittare di tutto ciò, che cosa fa?

venerdì 13 gennaio 2012

Buongiorno!

Buongiorno a tutti e tutte. Prima prova di scrittura su questo blog che per me è nuovissimo. Come potete vedere, il vecchio Scudo si ammacca ed arrugginisce un pochino, ma resiste.
Galletto bianco, che solo qualche mese fa era un micropulcino dalle belle speranze, stamane ha inaugurato l’anno nuovo strapazzando una delle galline con grande passione e vigore. Si tratta del nuovo che avanza, largo ai giovani, avanti tutta. La scena a dire il vero era piuttosto comica perché la gallina, tutta patuffata e scomposta dopo il rustico trattamento, ha immediatamente ripreso il proprio ruolo di boss della situazione, cui ha diritto per la maggiore età, ed ha scacciato il giovane amante in malo modo, palese segno di carattere instabile e personalità schizoide. Buon anno polli e volatili in genere. Spero che abbiate tutti una vita piena di soddisfazioni e che i vostri sogni polleschi possano avverarsi: grano e granturco a bizzeffe, verdurine piene di vitamine, numerose libere uscite nella vigna quando non c’è l’uva perché se no se la mangiano, morbidi pali su cui appollaiarsi, pulcini sani e numerosi, volpi e faine lontane e distratte. Ed infine, visto che prima o poi tocca a tutti, possiate avere una onorevole e saporita fine.
Quanto al resto dell’universo, auguri anche a lui, e mille ringraziamenti alla Creazione che ci ha permesso di esistere e di ammirare questa splendida giornata. Buon Anno Nuovo.