Avevamo costruito una stalla per Crispa, una casetta
di legno con tetto ventilato, (vuol dire un doppio tetto con una intercapedine
d’aria circolante, per tenerla fresca d’estate) –primo tetto ventilato di tutta
la proprietà- dotata di mangiatoia, riserva di fieno, mancava solo l’abat-jour
vicino al letto. Un amico inglese con cui l’avevamo costruita la battezzò
“Crispa’s Palace”, non dico altro. Nel cemento incidemmo la scritta “Crispa
2000” a futura memoria.
Ora, quello che succede in natura
quando un asinello neonato viene svezzato –tutte cose scoperte in seguito- è
che dopo un po’ di coccole la madre comincia ad ignorarlo, per nulla commossa
dalle sue grazie di cucciolo.
Il codice fra asini è semplice:
se ti comporti bene, ti ignoro. Se ti comporti male, a seconda della gravità e
dell’insistenza, ti toccano spinte, morsetti, morsi e calci. Devo qui ricordare
che Crispa aveva ormai più di un anno, pesava duecento chili ed era dotata di
quattro gambe motrici, di una testa lunga circa sessanta centimetri posta alla
fine di un collo grosso come il mio torace (ma molto più muscoloso). Tutto
questo armamentario era controllato da una mentalità adolescenziale ed
amorevolmente ribelle che la faceva accettare la cavezza –cioè una specie di
redini- ma non l’autorità di chi la teneva in mano. Ecco
qua un’altra caratteristica degli asini: accettano l’autorevolezza, cioè la
superiorità gerarchica, della persona che dà prova di meritarsela, anche se ci
vuole un po’ di tempo; ma ogni singola persona deve dare prova di essere
gerarchicamente superiore. Altri animali, i cavalli per esempio, pur facendo
distinzioni fra le singole persone e quindi trattandole in modo differenziato,
una volta chiarita la questione del ranking, cioè del “grado”, accettano il
triste fatto che gli umani sono tutti superiori (odio questa parola, ma almeno
è chiara). Il cavallo, spinto dal suo
cavaliere a caricare un nemico rabbiosamente cannoneggiante si slancerà
eroicamente fra le fila nemiche fino a farsi uccidere. Un asino non farebbe mai
un’idiozia simile. Giunto in vista del pericolo si bloccherebbe e non ci
sarebbe verso di farlo procedere. L’asino guarderebbe il suo cavaliere e gli
direbbe: “Ascolta, facciamo così: vai avanti tu, che ci tieni tanto. Io ti
aspetto qui e quando torni mi trovi sotto quelle piante vicino al torrente.
Ciao, buona fortuna.” Con l’asino è una questione personale. E’ un essere
intelligente che deve la sua fama di tonto al fatto che non obbedisce
pedissequamente agli ordini umani, ma anzi li sottopone al proprio giudizio, ed
alcuni li snobba senza diplomazia alcuna.
Eravamo incapaci di controllare Crispa: quando
voleva era simpatica e socievole, ma ogni tanto spiccava delle corse pazzesche
a velocità impressionante, e dovevi essere assai svelto a mollare la
cavezza. Puntava a razzo verso di me e
scartava all’ultimo momento, giusto prima di travolgermi, galoppando e
saltando… Allungava il collo e brucava oltre la reticella dell’orto, che è
bassa perché serve solo per i cinghiali, facendo strage di insalate e
topinambour. Quando passeggiavamo con
lei al seguito era impossibile impedirle di fermarsi quando voleva, o di
indurla a fermarsi quando pareva a noi. Direte: un animale naturalmente
democratico! Ma temevamo per i bambini in visita, per i fiori, per gli olivi.
Un bel giorno, per fortuna, venne
a trovarci Hawk, dal Canada. Hawk era un allevatore di cavalli nell’immenso
ranch che aveva in Canada, ed era stato un allievo di Monty Roberts, quel
signore che ha sviluppato tecniche estremamente efficaci nella rieducazione di
cavalli con traumi o altre difficoltà di comportamento. E’ quello che ha
ispirato il libro ed il film “L’uomo che sussurrava ai cavalli”. Hawk ci ha aperto alla comprensione di alcuni
fatti essenziali, come la faccenda del branco e della gerarchia, dei segni con
cui l’animale comunica e molte altre cose che saranno molto utili se mai avremo
un altro asino. Ha quasi domato Crispa, dovevate vedere che scene. Il primo
giorno ci avvicinammo piano al recinto di Crispa, e lei venne veloce fino al
cancello. Hawk si fermò una decina di metri prima, e girò sui tacchi tornando
verso casa. “Dobbiamo prendere una coperta, e una corda” disse. Si fermò e
soggiunse “E’ un segno di mancanza di rispetto, che venga senza essere
chiamata. Voi ormai l’avete abituata così, ma io le sono sconosciuto. Io posso
esigere rispetto.” Mi sembrava tutto molto logico, ed ero felice di assistere
alle successive manovre di Hawk. Con la coperta piegata dietro la schiena si
avvicinò tranquillo al cancello, e Crispa, quando se ne accorse, venne subito
verso di lui. Ma appena fu ad un metro dal cancello Hawk allungò le braccia
oltre e spalancò la coperta, sventolandola ed agitandola in faccia all’asina.
Crispa fece un salto indietro e Hawk ritirò la coperta. “Got it? Got who is
chief?” le chese con tono fermo e forte. “Capito? Hai capito chi comanda?”
Dopodichè entrò e si avvicinò all’asina e le mise la corda sul muso, annodata a
cavezza. Tenne la corda in lieve tensione, finchè Crispa non mosse un primo
passo: allora allentò e si mosse e lei seguì. Quattro passi dopo, un ciuffo di
trifoglio e tarassaco attirò la sua attenzione, e lei vi si diresse tranquilla.
Hawk si piazzò, allungò la mano fino ad averla a contatto del muso,
obbligandola a seguirlo mentre lui gira sul posto. Come ci spiegò in seguito,
quel giro stretto ed obbligato disorienta l’animale e gli fa capire che gli
puoi far fare quello che vuoi. Le fa pure dimenticare il trifoglio. Poi
riallunga un po’ la corda e riprende a camminare, e Crispa a seguire.
Da allora in poi per circa un
anno ogni mattina uno di noi per mezz’ora almeno faceva il training a Crispa,
cioè le metteva la cavezza, la faceva camminare, fermare, girare, camminare….
Un impegno assai gravoso. Quando ci
siamo accorti che, pur volendole sempre bene, non eravamo in grado di
utilizzarla in alcun modo, abbiamo cercato e cercato ed infine abbiamo scoperto
un’organizzazione, Asinomania, che raccoglie asini di varia provenienza e li
utilizza per gite sui monti in Abruzzo.
Mi fa ancora male rivedere Crispa che sale sul furgone, so che se ne va
per sempre, che non la vedrò mai più.
Per assicurarci che Crispa non finisse a mortadella uno di
noi ha seguito il furgone fino in Abruzzo. Telefonate successive ci hanno
informati che è felice fra gli asini, finalmente nel suo branco di sogno.