sabato 3 agosto 2013

La notte dell'orso 1


 La Notte dell'Orso 1

California del Nord,  Bell Spring Road, un ranch sperduto fra le alte colline a quattro ore da San Francisco, sulla destra della 101.
Nella notte profonda uno sparo improvviso ammutolisce civette e gatti selvatici, echeggia nella valle per disperdersi fra la lieve nebbia sospesa fra querce ed abeti.
Da parecchi anni Eagle si era trasferita nella sua capanna di legno sotto l’immenso abete Douglas alla curva della pista verso la Delicate Lodge. Per arrivarci si passava davanti al recinto dei lama, dove due femmine pascolavano insieme ad un piccolo di un paio di mesi ed un grande maschio. Varie altre baite erano dislocate in giro per il bosco, tutte a ragionevole distanza dalla casa madre che ospitava gli spazi comuni come la libreria, lo studio di Capo Wolf, varie postazioni individuali dove alcuni di noi tenevano computers ed altri aggeggi, il grande schermo televisivo e, presenza più importante di tutte, la macchinetta Faema, originale italiana, per il cappuccino mattutino. Chissà come era arrivata, la Faema, fra gli abeti colossali della coastal range –la catena di monti e colline che prepara al grande balzo delle montagne rocciose.
Nella casa madre abitava solamente Rocky, che ne era il guardiano: tutti gli altri membri della piccola tribù si ritiravano per la notte nelle rispettive minuscole casette di fogge varie, qualcuna costruita con presse di paglia, sparse nelle vicinanze. Lo stesso Capo Wolf possedeva una grossa ed anziana roulotte argentata, che con grandi fatiche era stata portata in una valletta intima e nascosta e dove si ritirava a fine giornata insieme a Fawn, sua consorte e controparte femminile negli insegnamenti e cerimonie. Eagle era però la sola ad aver costruito la sua casa sul versante sud della collina, dopo il recinto dei lama e dei tacchini, ed era dunque particolarmente isolata.
I fruscìi notturni, il canto della brezza fra le foglie delle querce secolari, le ombre degli alberi altissimi accarezzavano la capannina dove Eagle riposava nel suo nido. Dietro la sua testa una finestra alta e stretta andava dal pavimento al tetto ed incorniciava il sentiero illuminato dalle stelle e da uno spicchio di luna, e se lei non fosse stata immersa nel sonno che precede l’alba avrebbe potuto notare che il lama maschio, quello che sputava in faccia a Forest ogni volta che lo vedeva, pattugliava nervosamente il recinto percorrendolo su e giù e soffermandosi ogni tanto con  orecchie tese e froge aperte e frementi ad annusare l’aria.
         Uno schianto improvviso irrompe nel vellutato quasi silenzio, Eagle si sveglia di colpo, alza la testa e vede che la maniglia della porta della capanna si muove violentemente in su e in giù, scossa e manovrata dall’esterno da qualcuno che cerca di entrare. Si rizza a sedere sul letto, allunga la mano e afferra la pistola che sta in una scatola accanto al letto. Non si sta da soli e senza armi a dormire sulle montagne della California.

         Per quanto sia addestrata all’uso delle armi, soprattutto carabina e pistola, ed nonostante da anni tutta la piccola tribù si alleni al guerresco gioco del paintball nei boschi sparandosi l’un l’altro proiettili di gomma piena di liquido colorato, Eagle avverte il panico salire e farsi strada fra le molte e confuse emozioni. Lo scuotimento della capanna continua insistente e l’idea che là fuori ci sia un orso che tenta di entrare richiede una reazione decisa ed adeguata. Essere addestrati serve proprio a questo: a mantenere freddezza e funzionalità nei momenti di grave crisi.
          Seduta sul letto Eagle prende un cuscino e se lo piazza fra spalla ed orecchio e si tappa l’altro orecchio con la mano. Poi spara un colpo in aria mirando al trave di colmo onde non bucare il tetto. Il rumore è fortissimo e lo scuotimento cessa di colpo, la maniglia smette di agitarsi ed il silenzio avvolge capanna e dintorni. All’orso non dev’esser piaciuto quello scoppio improvviso, non è un animale stupido, conosce benissimo il rumore delle armi da fuoco, il loro odore, la loro pericolosità, e potrebbe essersene lestamente andato.a cercare prede meno reattive. E’ possibile, forse probabile che si sia allontanato davvero, e che nonostante il tremore Eagle possa riprendere il sonno interrotto. Ma in realtà non si può star tranquilli quando c’è un orso nei dintorni: è un animale imprevedibile, determinato, fortissimo, e se ha sentito odore di cibo o se ha trovato i resti della cucina stoltamente abbandonati da qualche parte è quasi impossibile levarselo di torno:  se poi grazie ad esperienze precedenti ha imparato il significato di una maniglia ed ha preso un po’ di confidenza con gli umani, sa benissimo che intorno ai loro insediamenti c’è quasi sempre qualcosa di appetibile, e spesso si tratta di bocconcini che non si trovano in natura: una vera festa per un onnivoro. Impossibile tenerlo lontano.
         Il lettino di Eagle sta sul pavimento di legno e la finestra dal vetro fisso va da terra al tetto, proprio dietro il cuscino: è sufficiente, da distesi, alzare un po’ il mento per vedere l’esterno capovolto. Un rumore, un ansito: Eagle gira la testa e fuori dalla finestra, vicinissimo, ecco l’immenso muso dell’orso che col naso tocca il vetro mentre con un occhio e poi con l’altro scruta l’interno della capanna. Lo sguardo giallo sembra fissarsi sul movimento,  l’espressione è un po’ perplessa, come se l’assenza di odore di cibo contraddicesse nozioni precedenti, forse risultato di qualche visita a tende di campeggiatori… Non è il caso di indugiare: una testa di orso larga mezzo metro, ispida e rustica, con quel ghigno che si ritrae per annusare meglio scoprendo zanne lunghe come un piccolo dito, induce a rapide decisioni. Altri due colpi di pistola, speriamo che il trave di abete non crolli, e l’orso galoppa via, questa volta con una lunga sgroppata verso valle, dove il sentiero scompare fra alberi e forre.

1 commento:

  1. non posso sapere dove vive the big bear ma, correndo a volo radente(grazie a Google Earth)i magnifici sterrati dalle parti di Mendocino Pass, su su fino ad Anthony Peak, amo pensare che viva tra quei boschi o forse un po' prima, nelle Black Butte Mountain...chissà!
    certo, mi sarei aspettato da Eagle una diversa reazione alla visita notturna del plantigrado.
    tipo parlare. non sparare.
    "ascolta orsetto, stavo dormendo, non rompere"
    "lo sai, no? noi popolo degli uomini/donne disponiamo di canne tonanti. non costringermi ad usarle. lascia in pace me ed i miei lama."
    "guarda cos'è appeso a quell'albero. vedi? un cocomero. è tutto tuo! poi gira i tacchi ed amici come prima...!"
    (se funziona con i cinghiali perché non con gli orsi?)
    più o meno così, spero, andrà a finire "La notte dell'Orso 2"...o no!

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