Sarei dovuto
andare alla fiera di Arezzo, ma un’occhiata fuor di finestra mi ha convinto che
il tepore della branda era da preferirsi all’umido freddo della pubblica via.
Quando prendo una decisione che contempla il fatto di mettere il lavoro in
secondo piano, mi sento un verme: sono però un verme piuttosto soddisfatto: mi
alzo, indosso qualche indumento casuale, nutro i gatti che hanno imparato l’uso
della nuova gattaiola e che se non tempestivamente accuditi farebbero un sacco
di rumore ben sapendo che così mi obbligano ad intervenire. Poi esco ed apro i
polli –che devono stare nel recinto per salvarsi la ghirba eternamente presa di
mira dalla volpe e quindi vanno provvisti di verdure ed erbette per questioni
vitaminiche- ed infine accendo la stufona a legna che riscalda tutta casa.
Mentre faccio tutte queste belle cose cerco di conservare intatto il piacevole
pensiero che fra poco me ne tornerò a letto, ma via via che la prassi mattutina
viene, come dire, espletata, ecco che codesto amabile pensiero tende a
rarefarsi, a perdere fascino. Il motivo? Be’, mi sto svegliando. Non riesco a
mantenere quella sonnolenta concentrazione che farebbe di me un vero
collaudatore di materassi, pronto a riassopirsi in qualsiasi momento. Inoltre
c’è l’aroma del caffè che va permeando l’atmosfera, ed a quello non si resiste.
Perciò eccomi qui a scrivere mentre i miei colleghi antiquari aprono
ombrelloni, sistemano banchi ed espongono graziosi oggetti per un pubblico che,
date le previsioni del tempo, sarà più locale che turistico e quindi meno
comprereccio del solito. Insomma, un verme combattuto ma tutto sommato
contento: la forza inerziale che mi spingerebbe a ripercorrere i sentieri
battuti per anni ed anni va equilibrata con un po’ della saggezza che cerca di
affiorare per indicarmi nuovi atteggiamenti, azioni che tengano conto della
realtà delle cose. Non sono più disinvolto come un tempo nell’aprire l’enorme
ombrellone, o nello scaricare le casse di ferri antichi, né mi sento più tanto
eroico nell’affrontare l’inclemenza del tempo, l’acqua che scorre sotto i
piedi, il vento che obbliga ad appendersi all’ombrellone per impedirne il
decollo, né tantomeno la levataccia delle cinque di mattina. La cosa che forse
mi dispiace di più è che per questa volta abbandono il mio vicino di banco, con
cui in genere fecciamo grandi chiacchierate relative ai massimi sistemi. Va be’,
gli farò una telefonata di conforto.
Scudo caro, giunge l'inverno ed il tuo narrare mi ricorda il gran crepuscolare Gozzano, la cui triste ironia ha cresciuto schiere di fiduciosi disperati. me compreso!
RispondiEliminatrovo siano questi i post più affini al mio sentire e così, rileggendo l'annata mi son fatto una personale classifica:
Di fiocco in fiocco (febb)
Guerre Pollari (apr)
Rimotivazioni (sett)
Ipod ed altre considerazioni (ago)
ed una senza tempo: Blink, il falchetto
e sì. l'inverno accorcia il tempo all'aria aperta ed allunga quello in casa.
dopo una calda doccia ci si accomoda al computer, scoprendo che è ancora prestissimo!
ma come si faceva una volta?
si leggeva di più! almeno io, ora leggo meno e cazzeggio di più.
del resto che vuoi leggere...
ce ne sarebbero tanti da rileggere!
a proposito. ho dato fondo alla mia manualità costruendo un'approssimativa biblioteca. finalmente spulcerò i cartoni impilati a P.to Ercole e, dopo severa cernita, riempirò gli scaffali!
già...ma tu puoi anche suonare!
BASTARDO!