E’ lavando i piatti o occupandomi
di altre faccende domestiche che in me si crea uno stato di serena equanimità
che a volte mi permette di pensare particolarmente bene, senza intrusioni
emotive e distrazioni marginali: perciò un paio di giorni fa, mentre ero per
l’appunto affaccendato nella separazione dei pistilli di zafferano, ho deciso
di applicarmi ad un problema che da lungo tempo mi angustiava.
Si tratta di
rintracciare un pensiero, una piccola illuminazione che mi aveva benedetto
durante una delle cerimonie native cui partecipavo nelle montagne della
California, e che mi era poi sfuggita, come a volte accade quando si cambia
stato mentale –o, per esser più precisi, livello di energia. L’inseguimento si
è protratto per anni, soprattutto perché l’argomento aveva ed ha una natura
squisitamente elusiva se non inafferrabile e, nella cultura da cui provengo,
non trova segnali di interesse né memoria di elaborazioni, per quanto io ne
sappia. In questi àmbiti i sentieri del mistero bisogna esplorarseli sostanzialmente
da soli.
L’interrogativo
consiste nello scoprire come mai nella filosofia spirituale nativa americana il
numero venti sia così importante da meritare d’essere considerato sacro in
quanto simbolo del completamento. Permettetemi
una piccola introduzione, altrimenti tutta la faccenda sembra campata per aria.
Il numero
venti è l’ultimo numero del Twenty Count, ovvero di quella successione di
simboli e significati che, progredendo e dispiegandosi, fornisce una mappa
dell’evolversi del nostro spirito. E’ uno studio piuttosto sofisticato ed il
percorso è accidentato e faticoso perché coinvolge e stimola tutte le parti del
nostro essere, ed entrare nei dettagli in questo momento sarebbe lungo e
dispersivo: in seguito se vi interessa vi racconterò il Twenty Count, tenendo
presente che, come Ruota di Medicina, esso è uno dei culmini cui è arrivata la
complessa filosofia nativa americana.
Mi rendo conto
che molti di noi hanno interiorizzato fin da ragazzini un’immagine in parte
eroico-mitologica, in parte filmistica ed a volte simbolica dei cosiddetti
pellerossa: ma c’è dell’altro, anche se il fatto non è mai stato molto
pubblicizzato, forse perché sarebbe stato imbarazzante ammettere di aver
distrutto senza pietà una cultura molto avanzata. Meglio far finta d’aver
annientato tribù selvagge e primitive, come se queste meritassero di morire,
che riconoscere d’esser responsabili dell’obliterazione di una assai raffinata
ed elegante organizzazione sociale.
Il numero
venti, dunque: perché è così importante? Ebbene…
I primi nove numeri in un certo senso si spiegano da soli,
basta contare con le dita. Il dieci poi è il primo numero a due cifre, ed è il
numero che oltre a stabilire il concetto di decina introduce anche lo zero, che
a sua volta è simbolo di grandissima importanza, essendo fra l’altro anche la
chiave che permette lo svilupparsi della matematica. L’introduzione dello zero
apre la porta al concetto di infinito, e non solo da un punto di vista
simbolico ma anche perché permette la ripartenza delle decine. Se però ci si
fermasse qui, cioè al dieci, staremmo ancora a contare le pecore a dieci alla
volta: una, due, tre ecc. alzando un dito ad ogni pecora che passa, e ci
esprimeremmo più o meno così: “Ha! Possiedo ben quattro volte dieci pecore!”.
Il numero dieci lancia l’undici, ovvero l’inizio della
seconda decina, undici-venti. E’ questa seconda decina che è essenziale
all’evoluzione numerica, perché se le decine possono essere due, allora sono
infinite. Ecco dove appare uno dei links spirito-materia: l’infinito infatti
trascende la nostra comprensione (comprendere significa contenere, e non si può
contenere l’infinito) e ci porta sulle soglie dell’inconoscibile, ovvero del
divino.
Dunque è il numero venti che completanto la seconda decina,
rappresenta il raggiungimento di ogni requisito necessario allo sviluppo della
matematica, passando per lo zero e lanciando il pensiero verso l’infinito. Vi
pare poco?
sarà perché per i pellerossa "la parola è energia", impossibile da alfabetizzare pena l'impossibilità di essere "comunicata", che a noi, studentelli ribelli, piacevano tanto!
RispondiEliminama se poi, vogliamo ragionare sul sistema di numerazione a basa vigesimale, dobbiamo anzitutto render merito ai poveri Maya i quali, primi tra i fratelli amerindi, lo misero alla base nientepopodimenoche del computo del tempo del quale noi, figli della quinta era, dovremo veder compiersi l'ultimo katun fra due mesetti scarsi...
detto questo e riconosciuti i dovuti meriti altrui, ricordiamoci che noi visi pallidi, sebbene figli di antichissime bagasce(o proprio grazie ad esse), abbiamo inventato la scrittura e la matematica che ci portò sulla luna ed ogni altra diavoleria comprese le guerre di sterminio così come la philosophia.
siam riusciti persino a far nascere proprio qui da noi il figlio di dio, arrogandoci il diritto di beatificare chi più ci sconfinfera, compresa la pellerossa Santa Tekakwitha(neanche farlo apposta)vergine!
amico Scudo, non esistono buoni selvaggi né società civili eque&solidali!
purtuttavia, non appena tornerà la motina dagli States, la metterò a nuovo per poi correre alle Black Hills ed onorare Crazy Horse ed il suo cavallo pazzo, mentre lentamente emergono lassù, tra le guglie della Thunderhead Mountain.